Parlando di lavoro e tecnologia, il tanto discusso smart working sarà un’opzione valida anche post Covid?
Non si ha ad oggi una risposta precisa, ma una cosa è certa: la Penisola ha ancora molta strada da fare per diventare adeguatamente digitalizzata, perché oltre ad una virata verso il tech, sarebbe necessaria una vera e propria rivoluzione digitale in ambiente lavorativo.
Nell’epoca della quarta industrializzazione lo smart working merita un’adeguata riflessione, volgendo lo sguardo a nuovi modelli lavorativi.
Nella Pubblica amministrazione 7 dipendenti su 10 sono ancora a casa, e dovrebbe arrivare tra la fine di giugno e l’inizio di luglio una direttiva per disciplinare il rientro dei dipendenti pubblici negli uffici. Gli ultimi dati aggiornati del Ministero registrano una media dei lavoratori attivi della Pa nelle Regioni pari al 73,8%.
Il Governo sembra voler abbracciare l’idea di un perdurare dello smart working e alcune Regioni sono state ancor più tempestive. L’Emilia Romagna ha deciso di prorogare fino a fine settembre il lavoro agile: nella Regione, prima del Covid, vi erano 500 lavoratori in smart working, che sono saliti a 3.500 nel picco di massima emergenza, portando la percentuale dei dipendenti in lavoro agile a sfiorare il 90% del totale, mantenendo comunque alti gli standard. Segue il Veneto che desidera istituzionalizzare questa nuova metodologia lavorativa migliorando la cultura digitale dei lavoratori e potenziando gli strumenti a disposizione. Uno degli obiettivi che lo smart working deve perseguire, infatti, è proprio l’educazione alla tecnologia.
Pare che Istituzioni e buona parte delle Aziende desiderino proseguire sulla scia digitalizzante, che nel periodo di lockdown, si è dimostrata essere grande, ed essenziale, risorsa. Pertanto, dato l’aumento esponenziale di traffico online, la necessità di adeguare al più presto l’infrastruttura TLC si fa ancora più stringente. Infatti, la banda ultra-larga raggiunge per il momento solo parte della popolazione. Circa undici milioni di cittadini sono scoperti. Per lo più si tratta di coloro che abitano nelle zone periferiche, talvolta caratterizzate da barriere naturali, che rendono più complessa la costruzione dell’infrastruttura, come aree montuose, campane o insulari. Purtroppo, anche se la gara per la copertura in fibra ottica di queste zone era stata realizzata nel 2015, i lavori sono partiti con forte ritardo. Tuttavia, il Decreto “Cura Italia” sembra aver sbloccato la situazione. Il Governo ha approvato nuove misure di sostegno all’economia del Paese. Fra queste, una disciplina destinata alle TLC e l’attribuzione ad Agcom di un compito di adeguamento del quadro regolamentare.
Essa prevede misure valide per far fronte alla crescita dei consumi e del traffico sulle reti TLC. Chiamando le imprese che forniscono reti e servizi di comunicazione elettroniche a potenziare le infrastrutture per garantire il funzionamento delle reti e la continuità dei servizi.